Consiglia questo sito su Facebook:

QUESTO SPAZIO BANNER E' IN VENDITA. PER INFO CONTATTARE MASTER@FUTURIMEDICI.COM

Fallimento Italia

Di più
12 Anni 9 Mesi fa #175577 da calippo
Fallimento Italia è stato creato da calippo
credo che ormai sia inevitabile e solo questione di tempo , quanto manca secondo voi ?
dite la vostra

Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.

Di più
12 Anni 9 Mesi fa #175648 da calippo
Risposta da calippo al topic Re:Fallimento Italia
qualche articolo preso qua e la , per farla breve siamo nella merda

Ecco la lettera di Trichet e Draghi Cessioni, liberalizzazioni e lavoro
Le condizioni per l'intervento sui titoli italiani

Se non è un programma di governo, poco ci manca. Ci manca per l'esattezza giusto l'intenzione di pubblicare quel testo, nel quale Jean-Claude Trichet e Mario Draghi hanno di fatto indicato all'Italia la strada da prendere. La lettera dell'attuale presidente della Banca centrale europea e di colui che gli succederà dal primo novembre è stata scritta e recapitata fra giovedì e venerdì. L'accordo fra le parti era di mantenerla riservata, ma più ne emergono i dettagli, più è chiaro che c'è un limite al segreto che si può stendere su un programma di governo.


Perché nel messaggio che i due banchieri centrali europei hanno recapitato a Silvio Berlusconi non c'è solo l'accenno a una direzione di marcia. Era chiaro da giorni che la Bce era in grado di dettare il passo all'Italia, se il governo voleva l'aiuto di Francoforte con interventi sui titoli di Stato. Ma il livello di dettaglio della lettera deve aver stupito anche chi l'ha ricevuta: ci sono le misure da prendere, c'è il calendario secondo cui andrebbero applicate e non mancano neanche gli strumenti legislativi che la Bce chiede che il governi adotti: i più celeri e i più efficaci. Del resto la stessa dichiarazione franco-tedesca di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel di ieri sera chiede all'Italia di varare in parlamento le misure già annunciate «entro settembre».


Sulle liberalizzazioni in tutta la struttura dell'economia italiana, si scopre così che l'Eurotower suggerisce a Berlusconi di procedere per decreto, in modo da accelerare. Si tratta di un punto sensibile, perché molti a Francoforte trovano che proprio sull'apertura del mercato l'impegno del premier e del ministro dell'Economia Giulio Tremonti resti debole, generico e imperniato su tempi troppo lunghi. Altrettanta urgenza emerge nella lettera di Draghi e Trichet sul tema delle privatizzazioni: si parla di cessioni anche per le società pubbliche locali e si chiede di avanzare il più rapidamente possibile. Con ogni probabilità non è furia ideologica, quella di Draghi e Trichet: è una constatazione di opportunità.

E chi si occuperà di controllare che le società non andranno in mano a privati che se le mangeranno, come fatto in tutti i casi di privatizzazione in Italia? Chi controllerà il processo di cessione di queste società?

Un anno e mezzo fa la Grecia, già sotto attacco, evitò di mettere mano alle cessioni delle partecipazioni dello Stato per non affrontare l'opposizione dei sindacati e delle clientele politiche. Così Atene perse tempo prezioso e, quando di recente si è arresa all'obbligo di privatizzare, le attività da mettere sul mercato valevano ormai la metà di ciò che il governo avrebbe potuto incassare un anno prima. Anche per l'Italia privatizzare da subito o farlo dal 2013 non è uguale, manda a dire la lettera della Bce a Berlusconi. Perché il 2013 è un anno importante: da venerdì scorso è per allora che il governo, convinto dall'Eurotower, punta al pareggio di bilancio. Si tratta di uno sforzo paragonabile a quello compiuto per l'ingresso nell'euro nel '96-97. Ed è chiaro che la Bce vuole che il governo lo distribuisca su più anni, senza lasciare gran parte dell'impegno ai nove mesi successivi alle elezioni politiche, se la legislatura arriverà al suo termine naturale.


C'è poi un punto in più, nella lettera «segreta» recapitata da Trichet a Berlusconi. È forse il più delicato perché riguarda il mercato del lavoro, un settore storicamente rimasto fuori dalle competenze europee. Ma stavolta Trichet ci entra e lo fa nei dettagli: meno rigidità nelle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato, interventi sul pubblico impiego, superamento del modello attuale imperniato sull'estrema flessibilità dei giovani e precari e sulla totale protezione degli altri, una contrattazione aziendale che incentivi la produttività.

Praticamente, oltre a non avere mai la pensione, non avremo mai neanche la certezza del posto di lavoro.

È un programma di governo, quello di Trichet, che non ha nulla di improvvisato. È una sintesi delle analisi sull'Italia che moltissimi, non solo a Francoforte, condividono da tempo. Ma ha un potente strumento di persuasione: se l'Italia disattende il merito della lettera, può scordarsi l'intervento della Bce per sostenere i titoli di debito del Tesoro. Se ne applica i «suggerimenti», può invece sperarci. Non è una garanzia, ma è tutto ciò che resta sul piatto quando ci si è trascinati fino a questo punto.

Aggiungo

Non possiamo più salvarci da soli
di Luigi Zingales

Vorrei proprio essere smentito, ma temo che il tempo sia davvero scaduto. La manovra economica, il piano di crescita, i tagli dei costi della politica, le privatizzazioni rimangono obiettivi utili, ma mi domando se hanno ancora da soli la capacità di sottrarci dall'abisso. La spirale che tanto temevamo si è messa in moto. Il mercato ha perso fiducia nell'Italia e questa mancanza di fiducia si è trasformata in una prospettiva autorealizzantesi.

Se gli investitori non pensano che ce la faremo, rifiutano di investire sui titoli italiani, contribuendo a rendere le loro paure realtà. A metà luglio, con lo spread sui bund a 200 punti potevamo ancora sperare di invertire la rotta con le nostre forze. Oggi con lo spread a 400 è molto più complicato. A meno di interventi internazionali. Addirittura la Spagna viene ora considerata più sicura di noi. Siamo diventati l'anello debole della catena, quello su cui c'è il rischio si accaniscano tutti gli speculatori. Che fare? Non fare nulla è un'opzione suicida. Si arriverebbe presto a un default non pilotato dell'Italia, con conseguenze devastanti sul sistema bancario ed economico italiano ed europeo. Per evitare questa apocalisse, io vedo solo tre vie d'uscita.

La prima prevede un massiccio intervento dell'Europa (leggi Germania) a sostegno del nostro debito e di quello spagnolo. Questa soluzione ha tre problemi. Primo, per riuscire, l'impegno dovrebbe essere (almeno potenzialmente) illimitato. Se ci fosse un tetto, il mercato andrebbe subito a testarlo, come ha fatto finora tutte le volte che è stato annunciato un intervento a sostegno di un Paese in crisi. La Germania sarebbe quindi costretta ad alzarlo, perdendo soldi e credibilità. Il secondo problema è che questo aiuto ammonta a un enorme trasferimento dai tedeschi agli italiani e spagnoli. Non si tratta di solidarietà ma di assistenza. Perché dovrebbe l'operaio tedesco pagare molte più tasse per risparmiare ai ricchi italiani e spagnoli una patrimoniale? Anche se la Merkel volesse suicidarsi politicamente e approvare questo aiuto, sarebbe rapidamente bloccata dalla Corte costituzionale tedesca.

Il terzo problema è che, per funzionare, questo aiuto deve avvenire contestualmente a un trasferimento di autorità politica e fiscale a Bruxelles (leggi Berlino). Come la Spagna ha dimostrato, l'autonomia regionale senza controllo centrale porta a un'esplosione del debito. Questo significa commissariare l'Italia, con rischi di fortissime tensioni politiche e sociali. Se dopo l'unificazione il Sud d'Italia si ribellò per l'imposta sul macinato, come si comporterebbe l'Italia di fronte a una nuova forte imposizione fiscale decisa a Berlino?

La seconda via d'uscita è il tanto invocato intervento della Banca centrale europea. Ma si tratta di un modo surrettizio per arrivare allo stesso risultato. Per riuscire, l'intervento della Bce dovrebbe essere un enorme "quantitative easing" in cui la Bce si compra i titoli di Spagna ed Italia. Non si tratterebbe di una semplice immissione di liquidità ma di un vero e proprio bailout. Come tale scatenerebbe gli stessi problemi della prima via d'uscita.

La terza via d'uscita è la fine dell'euro. Come già scrissi sul Sole 24 Ore (9 maggio 2010), il modo più indolore per realizzarlo sarebbe quello di far uscire dall'euro la Germania ed i Paesi del Nord Europa, che formerebbero un nord-euro. Il nord-euro si apprezzerebbe immediatamente rispetto all'euro attuale, permettendo all'Italia di aumentare le sue esportazioni e di riprendere a crescere. L'Inghilterra oggi ha una situazione fiscale comparabile alla nostra, ma non soffre sui mercati perché può stampare la sua moneta. Nel momento in cui anche noi potessimo fare lo stesso la nostra situazione sarebbe immediatamente diversa. Avremmo il rischio d'inflazione, ma non quello più devastante del default.

L'euro è stato un bellissimo ideale, ma lo si cercò di realizzare prima che ci fossero le condizioni necessarie per sostenerlo. Bisognava fare prima gli europei e poi l'Europa e non viceversa. Perché Paesi diversi possano vivere con la stessa moneta è necessario che siano integrati non solo nel mercato dei prodotti (come lo è l'Unione europea), ma anche nel mercato del lavoro. Nel frattempo è meglio che seppelliamo la moneta unica prima che la moneta unica seppellisca per sempre l'idea di Europa.

PER RASSICURARE LA BCE (CHE HA DATO L’OK ALL’ACQUISTO DEI TITOLI DI STATO MA VUOLE INTERVENTI CERTI) BISOGNA CALARE LE MUTANDE: STANGATA DA 32 MLD € - SFORBICIATE LE PENSIONI (QUELLE DI INVALIDITÀ PESANO PER 16 MLD € ALL’ANNO, PARI ALL’1 % DEL PIL) – MACELLERIA SULLE AGEVOLAZIONI FISCALI - ALTERNATIVA? UNA PATRIMONIALE, UN PRELIEVO DAI CONTI CORRENTI (COME AMATO NEL 1992) O INTERVENTI DRASTICI SUL SISTEMA DELLA POLITICA…

Stefano Feltri per "il Fatto quotidiano"

Da domani si fa sul serio, lo chiede la Banca centrale europea e la Commissione. E questo significa una cosa sola: tanti tagli al welfare e più tasse, subito.

Il commissario Ue Olli Rehn ha detto ieri: "Appoggio fortemente l'annuncio delle misure decise dal governo e chiedo alle autorità di trasformarle rapidamente in misure concrete". Idem la Bce che ha fatto filtrare la notizia di non essere del tutto convinta dell'impegno italiano (la Germania ancora si oppone all'acquisto dei nostri titoli di debito per sostenerne il prezzo).

LO STRUMENTO.
Anticipare il pareggio di bilancio al 2013 significa che il grosso della correzione di bilancio viene anticipato. Almeno 20 miliardi da trovare tra 2012 e 2013. Lo strumento per arrivarci è la cosiddetta delega per la riforma assistenziale e fiscale. Tradotto: il governo chiederà al parlamento di approvare una serie di leggi che modificano le prestazioni di assistenza, fornite soprattutto dall'Inps, e ristrutturare il sistema fiscale introducendo, tra l'altro, tre sole aliquote Irpef. Con questo sistema, promettono i ministri, si toglierà a chi riceve sussidi immeritati o paga troppe tasse per dare agli altri. Ma è un processo lungo e laborioso.

PIANO B: L'ACCETTA.
Il panico sui mercati potrebbe rendere impossibile il normale iter parlamentare. A quel punto scatta la cosiddetta "clausola di salvaguardia". Invece di valutare caso per caso, misura per misura, cosa tagliare e cosa lasciare si interviene con l'accetta: tutte le agevolazioni fiscali vengono ridotte del 5 per cento il primo anno (dovrebbe essere il 2012) e 20 per cento il secondo (2013).

In pratica si pagano più tasse, perché vengono meno gli sconti che riducevano l'ammontare da versare allo Stato. Per "incentivare" il Parlamento a lavorare in fretta, Tremonti ha previsto che con il piano B i tagli valgano ben 32 miliardi circa, assai più dei 20 previsti dal piano A. Una misura che - a maggior ragione oggi - si potrebbe applicare per rassicurare subito i mercati.

CHI PAGA?
Bisogna distinguere i due casi: se si interviene riducendo il welfare, cioè dal lato assistenziale, le vittime designate sono i percettori di pensioni di invalidità (a cominciare dai falsi invalidi, ma anche molti di quelli veri) e di pensioni di reversibilità (cioè coloro che incassano la pensione del coniuge deceduto). Sempre nel Piano A, cioè se si attua anche la delega fiscale, in teoria le agevolazioni fiscali dovrebbero saltare prima per i più ricchi.

Se invece passa il piano B, cioè si taglia con l'accetta, il peso della correzione dei conti peserà soprattutto sui redditi più bassi, quelli che beneficiano delle maggiori agevolazioni. Le detrazioni sull'Irpef, per esempio, valgono 2.149 euro per il 10 per cento più povero delle famiglie e solo 1.822 euro per il 10 per cento delle più ricche (calcoli della voce.info). Una famiglia "povera", quindi, con il taglio del 20 per cento delle riduzioni Irpef perderebbe 430 euro contro i 364 di una famiglia ricca. Ma un conto ancora più salato lo pagherebbero le famiglie a reddito medio.

INVALIDI E MADRI.
Nel bilancio Inps le pensioni di invalidità pesano per 16 miliardi di euro all'anno, una cifra enorme che è pari all'1 per cento del Pil italiano. Gli interventi che si ipotizzano sono di due tipi: aumentare la soglia di invalidità oltre la quale si viene considerati invalidi per l'Inps (dal 74 per cento all'85 o all'87). In alternativa, o in aggiunta, ridurre gli assegni di accompagnamento versati ai famigliari degli invalidi che ad oggi costano all'Inps 3,8 miliardi all'anno.

Questi assegni , di circa 800 euro al mese, non sono legati ad alcun parametro di reddito. L'idea sarebbe quindi di eliminarli nel caso l'invalido possa contare su una famiglia abbiente. Un'altra delle voci a rischio è quella che riguarda i contributi di maternità che valgono 2,6 miliardi: oggi non è coperta dai contributi versati (che valgono solo 1,1 miliardi) e quindi fortemente esposta a possibili riduzioni.

AGEVOLAZIONI.
I veri problemi sociali arriveranno quando si finirà per intervenire sulle agevolazioni fiscali. Perché significa colpire milioni di persone. I bonus su cui oggi conta chi ha famigliari a carico valgono in media 892 euro a persona (tra i beneficiari). Di questi ben 178 rischiano di andare in fumo da un giorno all'altro. Il taglio non farà distinzioni, verranno ridotti anche i rimborsi fiscali per le spese sanitarie (di cui beneficiano in tantissimi, 14 milioni di contribuenti).

E perfino misure che sono pensate per favorire la crescita verranno soffocate: basti pensare al cosiddetto "regime dei minimi" concesso ai giovani che aprono la partita Iva. Anche loro, spesso lavoratori dipendenti costretti a un precariato estremo, pagheranno più tasse.

Lo stesso discorso vale per le detrazioni per l'edilizia, uno strumento che in questi anni ha dimostrato di ripagarsi da solo: gli incentivi spingevano a fare lavori per migliorare l'efficienza energetica che altrimenti non si sarebbero fatti (generando così gettito superiore a quello in assenza dell'agevolazione ). Risanare in questo modo, come hanno avvertito tutti a cominciare da Confindustria e sindacati, non solo è iniquo, ma può diventare controproducente.

ALTERNATIVE.
Ce ne sarebbero, da imposte patrimoniali a prelievi una tantum da restituire (come Amato nel 1992) o interventi drastici sul sistema della politica (magari espropriando le fondazioni bancarie). Ma per ora il governo ha scelto la strada più semplice.

Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.

Moderatori: ishasjDomenica Vadalà
Tempo creazione pagina: 0.705 secondi
Powered by Forum Kunena
EU e-Privacy Directive
Cookie Policy