Convincere un pz a curarsi

Ciao a tutti, sono una specializzanda alle prese con un giovane paziente con cui ha stretto un rapporto speciale. Ho seguito P., 29 anni,in DH per 4 mesi, giungendo a porre dg di RCU. Suo padre ha appena sconfitto un k gastrico. Per sua ammissione, sono stata l'unica persona capace di convincerlo a fare la colonscopia. Per una serie di accadimenti, tra cui il k del padre, ha rischiato la depressione, però assieme abbiamo superato il baratro senza farmaci. Il punto e' che rifiuta ogni tipo di farmaco, invece dovrebbe assumere la mesalazina. Non voglio che in futuro possa rischiare le complicanze della RCU. Cosa devo fare? Mi sento troppo coinvolta emotivamente ed è un grosso errore. Mi rivolgo ai giovani medici che come me mettono l'anima nella gestione dei propri pazienti. Vi ringrazio, anche solo di avermi letta.

Intanto capire il perchè di questo rifiuto, altrimenti la battaglia è persa in partenza. Insomma capire se li rifiuta per motivi filosofici, religiosi, per ignoranza, ecc. Poi si può cercare di approntare un piano d'attacco.
Per capirci, i testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni e alla base (condivisibile o meno) c'è un motivo religioso, ma in questo caso che ci hai raccontato in breve, perchè esiste questo rifiuto?
Sinceramente così di primo acchito non capisco le motivazioni per rifiutare un farmaco come la mesalazina, perfettamente tollerabile.

Credo associ l'assumere il farmaco ad essere debole (incapace di sopportare il dolore, non il caso della stupidissima mesalazina) ed a sentirsi malato. Non si tratta di ignoranza, ma di capriccio psicologico...grazie di avermi risposto!

fortunatamente ancora in italia l'art.32 della costituzione garantisce il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario. idem la convenzione di oviedo. 
quando abbiamo scrupolosamente ed onestamente informato il paziente riguardo a benefici e rischi legati alla terapia, abbiamo compiuto il nostro dovere. abbiamo la presunzione di credere che i pazienti che rifiutano le cure siano pazzi o ignoranti. lasciamo ai cittadini la facoltà di esercitare il loro sacrosanto diritto di autodeterminazione.

Scusa ma chi ha la presunzione di credere che i pazienti che rifiutano le cure siano pazzi o ignoranti? Io sinceramente non faccio parte di questa schiera.
Aggiungo che, opinione personale, il nostro lavoro non si estingue semplicemente "recitando" l'informazione al paziente, ma spiegare e là dove si incontrino delle difficoltà di carattere psicologico mettere il paziente nelle condizioni di affrontarle e superarle, a prendere coscienza del problema in modo da poter decidere liberamente, scevro da condizionamenti anche inconsci.
La collega afferma, e non ho motivo di dubitare, che il paziente ha dei problemi psicologici, e sinceramente anche non me l'avesse detto, mi stupirei di un paziente che rifiuti una terapia a base di mesalazina, non stiamo parlando di terapie o interventi invalidandi, o comunque che obiettivamente sia difficile da accettare; capisco il paziente che rischia di morire per salvare un arto rifiutando l'amputazione, ma voglio indagare i motivi del rifiuto, voglio capire se sono frutti di un ragionamento sano pur se io non lo condivido.
Qui nessuno sta a sentenziare le scelte dei pazienti, ma devi capire perchè il paziente fa quella scelta, non giudicare la scelta ma la strada che compie per arrivare alla sua decisione, se quella strada ha un senso, una coerenza o è solo frutto di confusione, paura, ansia.
La verità rende liberi, ma dobbiamo renderla comprensibile a tutti.

Fradoctor ti ringrazio di avermi capita. Spesso questi tipi di rifiuto non sono che modi x chiedere aiuto e x me è nostro compito curare non solo la malattia, ma il paziente come persona.ho deciso di procedere a tappe...oggi ho cercato di fargli capire il concetto di infiammazione cronica da tenere sotto controllo e ho sdrammatizzato definendo l'acronimo RCu:rompi coglioni unica, come la sua dottoressa. Ho ottenuto una risata e una domanda:"ma questo farmaco e' cortisone?"alla mia risposta ho intravisto uno spiraglio di apertura. Non violerei mai il diritto a non farsi curare che è espressione della libertà individuale, ma spesso impegnarsi un po' di più per trovare il verso giusto ci rende persone migliori.