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Ruolo del MMG e soddisfazione professionale
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Giustissimo. Faccio l'esempio di un caso capitatomi proprio pochi giorni fa ... 91enne demente con deviazione della rima buccale ed afasia motoria di nuova insorgenza, quindi sospetto evento cerebrovascolare acuto. E' stata mia preoccupazione esporre al figlio la verosimile diagnosi e le possibili conseguenze, prospettandogli la possibilità di approfondimento diagnostico e valutazione specialistica neurologica ma al contempo facendo notare l'età, il quadro clinico di base, le verosimilmente ridotte possibilità di trattamento aggressivo di un evento ischemico acuto (vedi trombolisi). La cosa migliore sarebbe stato a mio parere coinvolgere direttamente il pz, ma in questo caso ciò non era possibile (demenza franca); quindi l'interlocutore è diventato il figlio, il quale mi ha posto domande alle quali chiaramente non mi era possibile rispondere (per esempio sapere se era transitorio ovvero irreversibile) ed alla fine ha scelto di non ospedalizzare la madre. Sicuramente se mi fossi limitato a proporre l'invio, mi sarei sicuramente "esposto "meno, ma mi è sembrato opportuno esprimere comunque i pro ed i contro del caso.
Comportamento congruo per persone ragionevoli.
Avrei visto se era in grado di deglutire (per valutare poi eventualmente come alimentata) e chiaramente rimaneva li a casa.
Si accerti solo che tutti i figli siano in accordo ( tutti!), esistono situazioni famigliari interne che Lei magari non conosce (ereditaà , gestioni di patrimoni etc etc).
Mettiamo per esempio che avesse una figlia che avrebbe voluto gestire in maniera differente la paziente( per motivi che esulano la clinica in se)?
Facciamo finta che Lei in coscienza avesse aggiunto cardirene 160 alla terapia e che poi la figlia , quella che volevoospedalizzare la malata, decide vedendo che peggiora di portarla in Ps. Fanno la TC encefalo e si vede una estesa emor. intracranica,
Mettiamo che la figlia decida che il suo intervento a peggiorato la faccenda.......mettiamo che il suo legale veda gli estremi per un intervento....( lo so è assurdo ma...)
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se ad esempio il pz ha una storia di FA recidivanti, un'età avanzata, un'atriomegalia, una sintomatologia legata all'artimia di tipo non severo, il controllo della frequenza è una valida alternativa a quello del ritmo (che peraltro non ha dimostrato nessuna superiorità in termini di sopravvivenza). Inoltre, anche in una strategia di controllo del ritmo, è buona norma continuare la terapia antitrombotica (secondo i fattori di rischio per tromboembolismo e per emorragia) e la terapia di controllo della frequenza (per evitare risposte ventricolari anomale in caso di recidiva di FA).
Un tentativo di cardioversione la si può fare ( con antiaritmico per evitare recidiva), la qualità di vita di uno in Fa non penso che sia identica ad uno in RS( a riposo forse , ma sotto sforzo non credo ), poi in medicina è vera una cosa e l'esatto contrario della stessa cosa per cui uno è libero di comportarsi secondo le abitudini a Lui più consone, non vi è problema.
è vero.. fatto da medici questo ragionamento (relativamente a sostituzioni temporanee) sembra reggere.. ma se fossimo pazienti la penseremmo in modo decisamente diverso
E quindi? Lei è il medico, anche se giovane sa come comportasi per non arrecare danni.
io ne conosco e ne ho conosciuti di neo Laureati e come preparazione teorica non credo che siano insufficienti, manca un po la parte pratica ma con un minimo di esperienza........
non vedo così "negativo" per il paziente essere curato da un neolaureato, nell'ambito della medicina di base ( dove grossi danni non ne fai se sei un minimo sveglio), non so da cosa nasce il pregiudizio.
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molto istruttivo! io (che non ho ancora esperienza a riguardo) avrei badato poco alle circostanze, non avendo linee guida da seguire sul giudizio "umano" della situazione.. e probabilmente l'avrei ricoverato.. ma capisco che la scelta è complessa. Certo però il caso del 91enne entra un po' in conflitto con quello dell'85enne
Infatti purtroppo le linee guida da seguire sul giudizio "umano" non esistono. Fino a qualche tempo fa si credeva che (nel dubbio) fare qualcosa fosse sempre meglio di non fare, poi sono iniziate le prime condanne a medici che facevano quando non bisognava fare (accanimento) e ora come ora in realtà non esiste un comportamento univoco che certamente ti mette al riparo.
Purtroppo in questo caso c'è di mezzo il fatto che la pz non era in grado di decidere, e quindi da un punto di vista se vogliamo "didattico" è un caso un po' complicato.
Prendiamo invece il caso di una pz in quelle condizioni ma lucida. Ora, nessun medico può costringere un'altra persona ad un trattamento sanitario non voluto e quindi non ero certo io a dover costringere la pz ad andare in ospedale, dopo averla informata. Non si sarebbe trattato di uno "stato di necessità" e quindi era lecito comunque domandare alla pz cosa preferiva fare. Di fronte ad una sua scelta, mi sarei cmq dovuto attenere alla sua volontà. Quindi più che usare la frase "io probabilmente l'avrei ricoverato" preferisco la frase "io avrei proposto il ricovero". Cosa peraltro che ho fatto, nel mio caso col figlio perché la pz non era in grado di decidere, mostrando pro e contro.
Somiglianze tra il caso del 91enne e del 85enne? Più o meno. L'85enne prima stava bene (per l'età), ha avuto un evento acuto potenzialmente mortale ma con buone possibilità di tornare ad una restitutio ad integrum. Non da trascurare il fatto che al momento della visita non c'erano famigliari presenti o contattabili al momento coi quali comunicare e chiedere la loro opinione. La 91enne, già piuttosto scassata, era probabilmente affetta da patologia (ictus) che a quell'età non ha indicazioni a terapie che di fatto cambino significativamente il decorso clinico. Il figlio era presente e di fatto è lui che ha compiuto la scelta, non io.
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Lo Ospedalizza non vedo chi possa storcere il naso in una situazione simile.L'85enne prima stava bene (per l'età), ha avuto un evento acuto potenzialmente mortale ma con buone possibilità di tornare ad una restitutio ad integrum. Non da trascurare il fatto che al momento della visita non c'erano famigliari presenti o contattabili al momento coi quali comunicare e chiedere la loro opinione.
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Un tentativo di cardioversione la si può fare ( con antiaritmico per evitare recidiva), la qualità di vita di uno in Fa non penso che sia identica ad uno in RS( a riposo forse , ma sotto sforzo non credo ), poi in medicina è vera una cosa e l'esatto contrario della stessa cosa per cui uno è libero di comportarsi secondo le abitudini a Lui più consone, non vi è problema.
ora non voglio aprire una diatriba sul trattamento della FA semplicemente perchè la digitale è un'opzione nella terapia della FA in cardiopatia ipocinetica.. non perchè in medicina tutto sia corretto (es. linee guida), ma perchè mi basta sottolineare come "faccia strano" sentire un medico di PS alludere all'ignoranza dei MMG sulla FA, quando ci sono moltitudini di cardiologi pronti ad alludere (sbagliando anch'essi) all'ignoranza dei medici di PS sulla medesima aritmia...........
Purtroppo in questo caso c'è di mezzo il fatto che la pz non era in grado di decidere, e quindi da un punto di vista se vogliamo "didattico" è un caso un po' complicato.
Prendiamo invece il caso di una pz in quelle condizioni ma lucida. Ora, nessun medico può costringere un'altra persona ad un trattamento sanitario non voluto e quindi non ero certo io a dover costringere la pz ad andare in ospedale, dopo averla informata. Non si sarebbe trattato di uno "stato di necessità" e quindi era lecito comunque domandare alla pz cosa preferiva fare. Di fronte ad una sua scelta, mi sarei cmq dovuto attenere alla sua volontà. Quindi più che usare la frase "io probabilmente l'avrei ricoverato" preferisco la frase "io avrei proposto il ricovero". Cosa peraltro che ho fatto, nel mio caso col figlio perché la pz non era in grado di decidere, mostrando pro e contro.
verissimo! "io avrei proposto il ricovero" è sicuramente più corretto
del resto l'ospedalizzazione, probabilmente, non sarebbe stata così controsenso... voglio dire che ospedalizzando non si sarebbero dovuti storcere nasi di alcun tipo. Sia perchè non penso (ma in effetti non ne ho cercati) esistano studi che sconsiglino l'approccio invasivo (trombolitico o neurochirurgico) nel paziente anziano con ictus, secondo poi perchè considerare la demenza una controindicazione alla terapia è sempre una scelta più etica che freddamente clinica... Beninteso, non voglio criticare la tua scelta: voglio sottolineare che effettivamente si tratta di situazioni complesse prive di scelte inopinabili.
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