Emergenza-urgenza: specialità immotivata
10-02-2009 - Il Sole24 Ore Sanità
Lo scorso 26 gennaio, la Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università degli Studi di Milano ha deciso di non attivare la Scuola di specializzazione in Medicina di emergenza e urgenza, una innovazione che la Siaarti (Società italiana anestesia, analgesia rianimazione e terapia intensiva), ha sempre criticato. Ci teniamo a segnalarlo non perché si tratti di una battaglia vinta (o persa) da qualcuno, ma perché è stata l'occasione per far emergere i dubbi, evidentemente largamente condivisi, sulla creazione di questa nuova specialità.
Innanzitutto l'urgenza è uno stato clinico, non una branca della medicina: i criteri di urgenza si possono verificare nel caso di un trauma, di un'infezione, di un parto complicato, di un incidente cardiovascolare eccetera. Pertanto, pensare a uno specialista dell'urgenza è un po' come credere di poter assommare in un unico medico le competenze specialistiche di un traumatologo, un cardiologo, un ginecologo e altri ancora. Una figura perfetta per un telefilm, dove all'arrivo in pronto soccorso si è accolti, in sostanza, da un personaggio onnisciente. Ma anche ammettendo la fattibilità di questa scelta, resta il fatto che il curriculum studiato per questa nuova figura contiene alcune incongruenze macroscopiche. Con spirito collaborativo Siaarti aveva comunque fatto al Cun (Consiglio Universitario Nazionale) alcune precise richieste di modifica - completamente ignorate - che possono essere riassunte nei seguenti tre punti:
1. eliminare il termine "emergenza". Questa espressione ha una forte valenza territoriale, rimanda cioè ai vari servizi del 118, che non possono essere di competenza di una sola specialità e, a ben vedere, competerebbero tutt' al più al rianimatore, cioè a colui che da sempre in Italia interviene nelle situazioni in cui si devono ristabilire gli equilibri vitali. Peraltro, attualmente più dell'80% delle centrali del 118 sono poste sotto la responsabilità di un anestesista rianimatore.
2. non ha senso che la specializzazione faccia capo alla sola Medicina interna, visto che sono molte le specialità che hanno in gestione pazienti critici: Anestesia e rianimazione, Cardiologia, Pneumologia e Neurologia. Se non si vuole cadere in contraddizione con l'idea stessa di questa nuova specialità, occorre una formazione interdisciplinare, trasversale.
3. vanno eliminate dal curriculum alcune pratiche di competenza dell'anestesista rianimatore, come anestesie locoregionali, ventilazione meccanica invasiva e altre. Non si tratta di una difesa delle prerogative di una casta ma di un elementare principio di cautela: queste manovre, per essere eseguite correttamente, devono essere praticate con costanza. E solo l'attività quotidiana di anestesistarianimatore garantisce una pratica adeguata.
Infine va aggiunta una considerazione di natura organizzativa: a oggi sono state autorizzate e finanziate 54 borse di studio per tutto il territorio nazionale. Per attivare una scuola di specialità servono almeno tre allievi, ragion per cui per ogni scuola dovranno consorziarsi più Facoltà.
È davvero questa la soluzione ai problemi della gestione dei Pronto soccorso e dell'emergenza territoriale di tutta Italia?
Quanto accaduto a Milano deve essere l'occasione per ripensare a tutta la materia.
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